🚴♂️ Coast 2 Coast Italia in Mtb : parte 4
Racconto di un viaggio in Bikepacking da Ancona a Orbetello attraverso Marche, Umbria, Lazio e Toscana
Ciao, questa è la quarta puntata del mio Coast to Coast in bicicletta.
Hai perso le puntate precedenti? Le trovi tutte qui!
Tra le braccia di Eolo
Sto pedalando benissimo, la cadenza è costante e il fiato ottimo.
Ho già fatto 100km quando sento un forte rumore. È la sveglia, e io sto sognando di pedalare, imitando il gesto con le gambe.
La luce del mattino stenta ad entrare attraverso le persiane delle piccole finestre, fuori è nuvoloso, sicuramente è piovuto.
Impacchetto i vestiti dentro le borse e lascio l’albergo in cerca di una panchina per fare colazione, trovandola poco distante in un sentiero pedonale.
Le pozzanghere sparse qui e là confermano le previsioni meteo di ieri, anche le nuvole sono ancora sopra la mia testa.
Masticando ancora l’ultimo boccone inforco la bici e imbocco la lunga discesa fino all’inizio della Valle Umbra, una grande pianura che mi terrà compagnia per buona parte della mattinata.
L’aria è fredda e nonostante abbia indossato l’antivento non riesco a smettere di tremare, le discese sono rinvigorenti per lo spirito ma non di prima mattina.
In Valle le nuvole sembrano diradarsi facendo uscire finalmente un sole bollente: la giornata di oggi, se continuerà così, si prospetta veramente calda.
Seduto al tavolino di un bar intento a gustarmi il primo caffè della giornata controllo il percorso di oggi: 60km per 1100mt di dislivello, quasi tutti da metà percorso in poi, da fare con una tendinite al piede destro.
Per la prima volta da quando sono partito posso dire di pedalare in pianura, la velocità media è simile ai lunghi giri invernali nelle risaie di casa e i chilometri scorrono senza troppa fatica.
Le innumerevoli strade secondarie mi immergono in totale solitudine in un panorama così diverso rispetto ai giorni scorsi: gli onnipresenti girasoli si alternano con coltivazioni varie, balle di fieno, campi di grano e uliveti.
In una di queste incontro una coppia di ciclisti alle loro prime esperienze: visibilmente affaticati, stanno raggiungendo Bevagna per poi proseguire verso Spoleto; decido di unirmi a loro anche se la velocità e davvero bassa.
Lui, ex motociclista, a giudicare dall’espressione sicuramente trascinato dalla moglie, decisamente più felice di pedalare.
Non vedono l’ora di arrivare, è il loro primo giro in bicicletta dopo averle acquistate e, a parer mio, non sta proprio andando bene.
Racconto loro dei miei primi giri in bicicletta, cercando di confortarli dicendo su quanto stancante fossero stati.
Racconto anche di quando, due settimane dopo il primo giro in bicicletta, decisi di pedalare fin sopra al Monte Zeda, non proprio una passeggiata per un principiante.
Le mie parole non sembrano di aiuto, soprattutto per lui, si vede da lontano che non ne può più; li saluterò non appena entrati a Bevagna con la scusa di una pausa.
Il campanile suona undici rintocchi, il sole è alto e le minacciose nuvole sembrano essere scomparse, trovo quindi una panchina all’ombra dove poter fare il solito spuntino di metà mattinata.
Non c’è anima viva in giro, se non un gatto intento a prendersela con Leone, la mia mascotte.
Questo posto sembra il classico paesello di agricoltori, uno dei tanti visibili nelle campagne della Pianura Padana, fino a quando non pedalo altri trecento metri verso la via principale entrando in pieno centro storico: isola pedonale, persone a passeggio, bar e ristoranti, boutique di tele e stoffe pregiate, storia, fascino e cultura, mi ero sbagliato di grosso!
Gioco a perdermi volontariamente nelle vie del centro, inseguendo i profumi provenire dalle finestre aperte fino a quando il suono di un pianoforte conquista tutta la mia attenzione.
Il pianista del secondo piano con le finestre aperte non lo sa, ma in strada ha un pubblico di circa venti persone intente ad ascoltare la sua versione del notturno di Chopin; la ascolto fino alla fine, poi proseguo per la mia strada.
Il lungo tratto pianeggiante finisce appena dopo Bevagna, al suo posto, una tanto mortale quanto soleggiata salita mi fa guadagnare 400 metri di dislivello in appena quattro chilometri e mezzo, un’autentica strada uccidi-gambe fino a raggiungere Gualdo Cattaneo giusto per l’ora di pranzo.
La città domina il panorama a trecentosessanta gradi, è praticamente sviluppata su una solitaria collina, imbarazzante tanto bella e ben tenuta.
Seduto su un muretto all’ombra in una via, immerso nel silenzio più totale tipico dell’ora di pranzo, non mi stupirei se passasse un carro trainato da buoi, oppure un cavaliere con tanto di cavallo al seguito.
Nel centro storico non esistono supermercati ma una sola bottega, nessun albergo ma solo una locanda, nessun negozio di souvenir ma solamente un anziano signore che produce strani oggetti e strumenti musicali, rigorosamente in legno.
Ben presto il muretto scelto per pranzare inizia a starmi stretto, vorrei riposarmi un po’ ma non riesco a trovare un posto all’ombra adatto, decido quindi di rimettermi in viaggio nonostante il sole cocente.
Da qui alla meta di arrivo per oggi, ci sono circa 30 chilometri e tre colline da affrontare: Collesecco (un nome e una garanzia, specialmente con una giornata così), Castelsecchio, San Damiano seguita dalla immancabile salita di fine tappa verso Todi.
Imbocco una lunga e ripida discesa immersa nelle campagne circostanti, sposto le dita dai freni in cerca d’aria fresca, l’unica fonte di sollievo dal caldo asfissiante di oggi conscio che, da qui a qualche minuto, ci saranno solamente salite.
Marcellano, piccola frazione di Gualdo Cattaneo situata a 7 chilometri da quest’ultima, mi permette di riempire la sacca idrica e bagnarmi la testa sfruttando una piccola fontana.
Procrastino la (ri)partenza passeggiando nelle minuscole vie del borgo, interamente costruito sulle rovine di un castello medievale, e più mi addentro più mi rendo conto di quanto riservata sia la vita qui: la sensazione è quella di violare la proprietà di qualcuno, come se entrassi all’interno di un vecchio cortile.
Forse ci ho preso gusto, forse ho sopravvalutato la tappa di oggi, ma le salite non sembrano così cattive e non fatico poi molto.
Dalla strada principale imbocco una deviazione incuriosito da un singolare cartello indicante il “purgatorio”: un’invitante strada sterrata all’ombra dei castagni, in leggera salita e decisamente più panoramica di quella precedente.
Seguendola mi domando il motivo di un nome tale, cosa ci sarà mai di così mistico?
La risposta è dietro alla curva: dalla leggera salita si passa ad una colossale rampa scavata dai ripetuti passaggi di mezzi agricoli, la terra smossa unita alla pendenza rende faticosa la pedalata, il battito cardiaco aumenta accompagnato dal dolore alle gambe, sempre più esauste.
Il tormento del purgatorio non cenna a placarsi, nonostante riesca a vedere la cima sembra di tornare indietro ad ogni pedalata, abbasso lo sguardo focalizzando tutta la mia attenzione sul respiro. Imprecare non serve a nulla, se non a sprecare energie.
Gli ottocento metri più lunghi della mia vita finiscono, la strada ritorna ad essere “umana” e le porte del paradiso si aprono mostrando quello che mi riserverà il futuro: nulla.
È una strada senza sbocchi, un vicolo cieco, l’unica magra consolazione è un albero di fichi maturi pronti per essere trasformati in energia dal sottoscritto.
Un vento freddo e implacabile sta facendo avanzare le nuvole lasciate stamane ad Assisi, a giudicare dal loro colore non promettono nulla di buono.
Mi affretto a raggiungere la sommità dell’ultimo colle della tappa e imbocco una lunga strada sterrata in discesa fino San Damiano, per poi iniziare lo sprint finale verso Todi.
Tre chilometri e trecento metri di dislivello positivo. Un’interminabile salita al 15% mi separa dal centro città, mentre il vento non cenna a diminuire e anzi, sembra aver deciso di soffiare ancora più forte.
I rapporti del cambio presto finiscono e così anche le mie energie. Delle signore mi guardano dalle finestre di casa come se fossi matto, mentre ricevo un urlo di approvazione da un ciclista proveniente dal senso opposto al mio.
Non ne posso più, ma non voglio fermarmi. Cerco di pensare alla birra di fine giornata, a quanto poco manchi e a quanto più ripido fosse il “Purgatorio”, qui almeno a fine salita troverò un bar e non un albero di fichi, spero.
La salita mortale termina esattamente in Piazza del Popolo, l’unica parte in tutta la città ad essere in piano, sotto gli sguardi dei turisti seduti nei dehor dei locali.
Cerco di amalgamarmi con loro occupando un tavolino e ordinando la tanto sognata Beck’s, nel frattempo scatta la ricerca della sistemazione per la notte.
Chiedendo informazioni alla barista, questa mi consiglia di prendere una camera a pochi passi da qui, in pieno centro, a circa 35€; non avendo molta voglia di cercare alternative, accetto la proposta.
Mi sarei aspettato di dormire in tenda qualche notte in più, ma complice il poco allenamento, i fine tappa sempre in città turistiche e il meteo non troppo favorevole sto dormendo in comodi letti più del previsto.
I quattro piani di scale in aggiunta all’intera giornata passata a pedalare risvegliano la tendinite che sta diventando sempre più dolorosa, fino al punto da non riuscire più ad appoggiare il piede in terra.
Il Synflex viene ancora una volta in aiuto, che calmerà il dolore lancinante fino al mattino dopo.
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A venerdì prossimo!