🚴♂️ Coast 2 Coast Italia in Mtb : parte 3
Racconto di un viaggio in Bikepacking da Ancona a Orbetello attraverso Marche, Umbria, Lazio e Toscana
Ciao, questa è la terza parte del mio Coast to Coast.
Se ti sei perso le altre puntate puoi leggerle qui .
I tafani, la politica, le montagne
Durante una breve sosta per controllare la strada mi raggiunge un signore sulla cinquantina che, incuriosito, inizia a farmi domande. Le solite, ovviamente.
Lui non lo sa, ma potrei benissimo anticiparlo, un po’ come se lo leggessi nella mente.
Magia? No, ricorrenze.
Chi ha viaggiato almeno una volta con uno zaino in spalla, moto o con qualunque altro mezzo “non convenzionale” per l’immaginario collettivo del turista sa benissimo quali sono: da dove vieni, dove stai andando, dove dormi, quanto ci metti, come torni a casa. Se la conversazione avrà un seguito molto probabilmente andrà a parare su qualche punto in comune e, se non si trova, sul solito argomento: la politica.
Annuendo ad ogni sua affermazione, vorrei tanto fargli capire il mio disinteresse; siamo due persone, abbiamo sogni, desideri e passioni, perché parlare di politica?
Tra un’idea di Salvini e un’altra riguardante l’uso delle mascherine riesco a farmi dire quale strada imboccare per Nocera Umbra, lo saluto e vado: ho collezionato abbastanza dibattiti politici in tutti i viaggi passati. Non mi interessavano allora tantomeno adesso.
Attraverso l’arco di ingresso di Nocera Umbra dopo una lunga discesa asfaltata, sotto gli sguardi dei numerosi turisti intenti a pranzare nei Dehor dei ristoranti.
Le vie deserte del centro storico mostrano una città in lenta ripresa dal sisma del ‘97, terremoto devastante che causò un esodo di massa.
È una città che meriterebbe una sosta se solo potessi, purtroppo i giorni a disposizione sono limitati e vorrei raggiungere Assisi entro sera.
Sto infrangendo la promessa di non pedalare sotto al sole di mezzogiorno e lo sto facendo nel migliore dei modi: strada in salita, poca ombra, disperso nel nulla più totale. A farmi compagnia, gli innumerevoli sciami di tafani intenti a farmi venire una crisi di nervi.
Ad ogni puntura lo sconforto sale sempre di più, il solo pensiero di dover fare altri venticinque chilometri così mi fa riflettere se sia il caso di tornare indietro e scegliere una strada migliore, o magari visitare meglio Nocera Umbra.
Il ragionamento viene interrotto dal passaggio di una moto, poi un’altra, un’altra ancora e così via fino a perdere il conto.
Sto pedalando in mezzo al Rally d’Umbria!
Un’orda di moto sta passando a mezzo metro dal mio manubrio: il tipico odore lasciato dagli scarichi, l’aria spostata dal passaggio e la polvere alzata mi esaltano come un bambino e fanno fuggire i tafani.
E poi dai, che figura farei se mi vedessero tornare indietro?
Ne conto 100, poi vengo distratto da una distesa di more cresciuta a bordo strada.
Un tornante a destra mette gli alberi tra me e il sole, pedalare con l’ombra è tutta un’altra cosa. I tafani se ne sono andati, il rumore delle moto si allontana lasciandomi nuovamente in compagnia di me stesso.
Rifletto sull’istinto di pochi minuti prima, su quanto volatile possa essere un pensiero e su quanto possa influire, certe volte, una decisione presa in quel momento.
Lo stomaco mi riporta nel presente reclamando cibo, sono quasi in cima e decido di accontentarlo.
Pranzo seduto a pochi metri dalla strada, sul bordo del crinale, con il solito pranzo al sacco gluten free: tonno e gallette di mais.
Il ronzio sporadico di qualche tafano si unisce al sottofondo fatto di lontani rumori trasportati dal vento che, infrangendosi con gli alberi attorno a me, agita le foglie ad intervalli regolari.
Guardo il fedele Casio al polso segnare le 13:30, so di essere a circa 20 chilometri di distanza da Assisi e decido di prendermela comoda restando ancora un po’ qui.
Un alito di vento più deciso degli altri mi fa riaprire gli occhi. Attorno a me tutto uguale, tranne la posizione del sole e l’ora segnata dall’orologio. La notte passata a levare lumache dal sacco a pelo non mi ha rigenerato granché e ne sto accusando.
Ancora un po’ confuso memorizzo i prossimi tre bivi da superare, inforco la bicicletta, le tacche delle scarpe agganciandosi ai pedali rispondono con un secco “clack” e procedo verso la meta.
L’illusione della discesa da qui ad Assisi ben presto cede il posto alla ben più cruda realtà: credevo di essere in sommità del monte, ma a giudicare dalla strada davanti a me non è così.
Lunga, sconnessa, ripida e con dei tornati incalzanti fino all’entrata del bosco troppo fitto per vederne la continuazione, ecco com’è.
Con lo sguardo basso e una cadenza ricercata per non alzare troppo il battito cardiaco la affronto fino a quando le gambe, già indolenzite da prima della sosta e ora ancora di più, chiedono pietà.
Sto faticando anche a piedi, a farmi tenere un passo costante sono sempre i tafani con la loro invidiabile perseveranza.
Venti minuti fa ero sdraiato in un bel praticello ad assaporarmi quella sensazione che si ha quando ormai si è giunti alla fine della tappa, felice mentre il vento asciugava il sudore rinfrescandomi e ora mi ritrovo con lo stomaco in piena digestione a lottare con uno sciame di tafani, con la speranza che dopo quella curva la strada diventi pianeggiante. Com’è strana la vita.
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Seminati i tafani e affrontata la salita, in un bivio mi avvicino ad un cartello di legno con incisa una rima che invita i “Coaster” assetati a fare una piccola deviazione verso un B&B poco distante.
Un Bed And Breakfast? Qui? Isolato da tutto e da tutti?
Con la scusa di un caffè proseguo fino a intravedere la costruzione.
Vengo accolto da un asinello, un cane, un’oca con una gamba storta e diverse galline ancor prima della proprietaria.
La donna, sulla sessantina, un po’ sorpresa dalla mia visita, mi invita in giardino in attesa della Moka di caffè.
Il complesso è formato da tre costruzioni d’epoca: una casa a due piani stretta e lunga, una rimessa e una stalla realizzate in pietra, sicuramente hanno visto la guerra.
Delineano il giardino/cortile disegnando un semicerchio, a rendere più precisa la figura ci sono alcune piante di frutta, mentre nel lato opposto una ripida scarpata lascia intravedere il panorama.
Le domande di circostanza si esauriscono presto, Paola è abituata agli incontri con viaggiatori.
Trasferitasi qua dopo aver conosciuto il marito che occupò lo stabile negli anni settanta con alcuni suoi amici, racconta storie di un Monte florido e abitato, di uno scuolabus che arrivava fino a qui ogni mattina per i bambini e di “vicini di fattoria”.
Di questi bambini, ormai cresciuti e andati via, ne rimane solamente il ricordo nelle persone: da qui a Pian della Pieve, ai piedi del monte, ci sono loro, la loro azienda agricola e nessun altro.
Bevo il caffè in sua compagnia e dei suoi innumerevoli animali, compreso un gatto dal carattere decisamente espansivo.
Le racconto un po’ di me, della mia vita, del mio lavoro.
Il mio lavoro, già.
Il mio lavoro sembra così distante da tutto questo: sto parlando di eCommerce e marketing in un posto dove non c’è nemmeno copertura telefonica.
Tecnologia, schermi luminosi, soglie di attenzione ridicole e istinti volatili e fugaci contro la lentezza della natura, l’attesa del raccolto e la ciclicità dei lavori in base alla stagione; il consumismo contrapposto ai valori della vita, la pazienza contro la consegna in un’ora, la stanchezza contro lo stress.
Il discorso stona, lo percepisco e lo devio su altro fino a quando arriva il momento di ripartire.
La strada sterrata, ripida e in pessime condizioni, mi obbliga ad aprire i registri della forcella fino ad ora tenuti chiusi per avere più rigidità.
A circa metà strada la borsa sottosella cede facendo saltare quasi tutte le cuciture che la tengono ancorata al reggisella.
Mi ricordo così di un elastico rosso regalatomi da Viviana durante la tappa di Osimo e, con un po’ di ingegno, riesco a sistemarla.
Con i piedi e le mani formicolanti dal sentiero arrivo finalmente a Pian della Pieve, piccola località sulla strada statale poco prima di Assisi.
Una piccola sosta per sistemare i bagagli e mangiare qualcosa mi fa accorgere di aver perso le infradito legate alla borsa posteriore.
Ero destinato a perderle, già lo sapevo a inizio viaggio. Ogni tanto buttavo un occhio ed erano sempre lì, ma il presentimento si è rivelato corretto.
Così come per l’olio motore, la Gopro e un maglione sparsi per l’Europa, ora ho un paio di infradito in Umbria.
La statale fino ad Assisi mi permette di tenere una buona media e le gambe rispondono ancora bene, sto già pensando alla birra di fine tappa.
L’asfalto a contatto con i copertoni produce il tipico rumore di rotolamento da Jeep, accentuandosi per poi ritornare normale ad ogni nuova pedalata, mi concentro su di lui. Non è la prima volta che tocco l’asfalto in questo viaggio, eppure non ci avevo mai fatto caso. È piacevole, a tratti ridondante, concentrandosi su di lui ti distrae dalla fatica e dalla noia.
Attraverso la “porta” di Assisi fatta ad arco e case di pietra che sprizzano storia da ogni centimetro quadrato.
Se non passassero macchine in continuazione, con un po’ di immaginazione, potrei pensare di aver viaggiato nel tempo.
Seguo una stretta via in discesa fidandomi di un cartello con scritto “centro”.
I turisti diventano sempre più numerosi, segno che mi sto dirigendo verso la giusta direzione.
Tra le centinaia di persone agghindate con ricercatezza, come se la scelta dell’outfit influisse sulla qualità della vacanza, sono l’unico bagnato di sudore con una bicicletta al seguito. Raggiungo la basilica di San Francesco e conquisto un tavolino al primo bar trovato.
Nonostante il caldo torrido, le previsioni del meteo riportano piogge da questa sera fino a domani; vorrei dormire in tenda ugualmente, ma cerco anche un’alternativa. Chiamo un ostello suggeritomi da Google Maps ma è tutto occupato, idem anche per gli altri due chiamati.
Rassegnato mi dirigo verso l’unico campeggio di Assisi, esattamente dall’altra parte rispetto a dove sono, naturalmente in salita.
La receptionist mi propone una camera a poco più della piazzola, tra l’altro senza elettricità: come posso non accettare?
L’Hotel/campeggio è ricavato da una Villa seicentesca disposta su tre piani: soffitti e porte basse, scale ripide e strette e planimetria confusionaria, talmente tanto che da non trovare la stanza, se non dopo aver girato per dieci minuti.
La tendinite alla caviglia che già portavo avanti da giorni, dopo questi chilometri in montagna e con lunghe salite, sta peggiorando a tal punto tale da faticare a scendere dalle scale per andare a cena. È un bel problema, non riesco a caricare il peso sulla gamba.
L’esperienza di viaggio, o meglio dire la sfiga, maturata nel tempo mi ha fatto portare un’intera farmacia con me: Tachipirina, Antidolorifici vari, Maalox, Imodium e Buscopan.
Il dessert post-cena sarà quindi un Synflex forte accompagnato da mezzo bicchiere di rosso, giusto per essere sicuri di addormentarsi in vista della tappa di domani: Assisi - Treia.
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